L'uomo utilizzò miele e cera sin dalla preistoria prelevandoli da nidi costruiti in cavità di alberi o in anfratti tra le rocce, come dimostra un significativo disegno rupestre rinvenuto nella grotta Cuevas de la Arana presso Valencia (Spagna) e risalente al Mesolitico (7000 a.C. Circa). Da questa primitiva forma di sfruttamento si passò gradualmente all'allevamento delle api.
Innumerevoli reperti archeologici testimoniano che l'apicoltura era tenuta in grande considerazione presso tutti i popoli antichi, dagli Egiziani che spostavano gli alveari su imbarcazioni per sfruttare le fioriture scalari lungo il corso del Nilo, ai Greci che, con Aristotele, tentarono di interpretare i fenomeni biologici della società delle api. Columella, Plinio, Varrone, Virgilio e altri scrittori latini descrissero con dovizia di particolari le tecniche apicole applicate dai Romani e l'ampio uso di miele, cera e propoli a cui venivano riconosciute notevoli proprietà medicamentose.
Durante il Medio Evo non si registrarono significativi progressi e soltanto con il rinascimento rifiorì l'interesse per l'apicoltura. Con l'acquisizione di più precise conoscenze di atonomia e di biologia dell'ape e con la sperimentazione di nuove tecniche di allevamento, vennero poste le basi per la realizzazione, nel 1851, dell'arnia razionale che consentì il successivo sviluppo della moderna apicoltura.